I supergruppi rock sono un mito o quantomeno sono il risultato di percezioni personali abbinate ad esperienze e contaminazioni.
Creare un supergruppo è un’accademica e cervellotica esibizione senza “rete” ma si può trasformare in un piacevole passatempo, un rilassante esercizio di memoria musicale condito da una parziale critica soggettiva.
Potremmo prendere il chitarrista che più amiamo, affiancarlo al bassista che ci intriga maggiormente, a questi aggiungiamo il “drummer” che ci riaccende gli animi e, se pensiamo sia necessario, il frontman, l’animale da palcoscenico, che ci emoziona.
Un tentativo che ci permette di viaggiare sulle ali della fantasia ma su cui una cosa certa c’è, non sapremo mai (o lo possiamo intuire) se in un gruppo costruito a tavolino, e nonostante il talento immenso dei musicisti (mi auguro che ognuno di noi inserisca gente di un certo livello) ci possa essere quella “chimica” che fa di un gruppo un supergruppo.
Un esempio di una band costruita artificialmente sono senza dubbio i “Traveling Wiburys”, dove musicisti del calibro di Bob Dylan, George Harrison, Jeff Linne, Tom Petty e Roy Orbison si sono uniti dando vita, dal 1988 al 1990, a tre album, di cui due in studio.
Il risultato, seppur interessante e musicalmente piacevole, non è stato la somma del talento, tecnico e concettuale dei componenti.
A questo punto, curioso di trovare il supergruppo, con tutte le limitazioni del caso, mi sono affidato alle varie classifiche rock, musicista per musicista, ho cercato di capire quale gruppo realmente esistente avesse i musicisti migliori.
Incrociando i moltissimi dati a disposizione sono giunto ad un risultato che, personalmente, ritengo soddisfacente.
C’è una band che ha messo “in campo” (o meglio sul palco) il secondo chitarrista di sempre, il terzo batterista e il quinto bassista.
I nomi sono arcinoti, anche se si sono esibiti assieme per pochi anni, Eric Clapton, Ginger Baker e Jack Bruce, il gruppo è quello dei Cream.
I tre componenti sono star assolute, penso che non ci siano dubbi sulle qualità di questi mostri sacri e chi conosce la discografia dei Cream, al di là dei gusti personali, non può ignorare quale influenza abbiano avuto sulle band successive.
Come dicevo si tratta di un esercizio effimero dettato da una nostalgica passeggiata nel tempo (passato) l’occasione di riascoltare i fautori della colonna sonora della nostra (mia) vita, il risultato a cui sono giunto non serve ad altro che a fare emergere quello che in fondo non era mai scomparso nelle profondità di quel oceano musicale chiamato rock.