Autore: Pellizza da Volpedo (Giuseppe Pellizza)
(Volpedo, 1868 – Volpedo, 1907)
Titolo dell’opera: Il quarto stato – 1901
Tecnica: Olio su tela
Dimensioni: 293 cm x 545 cm
Ubicazione attuale: Museo del Novecento, Milano
Usato e abusato dalla fine degli anni sessanta del secolo scorso fino ad oggi prevalentemente per scopi propagandistici, ha con il tempo perso il suo vero e fiero valore sociale, l’opera di inizio 900 aveva, e ha tutt’ora, un’energia rivoluzionaria che l’opportunismo odierno ha trasformato in un simbolo “altro”.
In un periodo in cui solo il clero, la nobiltà e la borghesia avevano il diritto di fare e disfare a loro piacimento, il pittore di Volpedo vuole dare voce ai contadini, ai braccianti che erano esclusi dal potere decisionale.
Pellizza arriva a questa tela passando per altre due opere, “Ambasciatori della fame” e “La fiumana”, vere evoluzioni di un pensiero ben preciso, la condizione dei ceti più “bassi”, la fame sempre presente, la vita di stenti e fatiche a cui erano obbligati, richiedono una reazione che avvicini a una uguaglianza tra questi ultimi e i tre “stati” che godevano di ben altre risorse (spesso a scapito dei più poveri).
La rivoluzione di Pellizza non è violenta, sia i tre protagonisti in primo piano che la gente che li segue mette in mostra la determinazione di sa di avere la ragione dalla propria parte, nel contempo marcia fiera ma senza segni di belligeranza.
L’uomo al centro appare sicuro di se, è deciso a far valere i propri diritti senza voler usurpare i diritti altrui, l’uomo alla sua destra è l’emblema della saggezza popolare che accompagna la determinazione, mentre la donna con in braccio un bambino (la modella è la moglie del pittore stesso) mette in prima linea la presenza fondamentale della donna e quella delle generazioni future.
Che il clima sia consapevole e addirittura calmo e sereno (calma e serenità, anche in momenti turbolenti, vengono dalla ragione) si denota dai volti delle persone, dal modo in cui discutono tra loro e dalla presenza di bambini.
Ogni opera va contestualizzata, siamo ai primi del 900 e questo dipinto ci parla del tentativo di raggiungere un livello sociale, culturale e morale che sia uguale per tutti, letta dopo sessant’anni o dopo un secolo deve dare i giusti spunti di riflessione, ogni strumentalizzazione impoverisce il concetto rendendolo sterile.
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Ambasciatori della fame, 1892 Olio su tela, cm. 51,5 x 73 Collezione privata |
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Fiumana, 1898 Olio su tela, cm. 255 x 438 Pinacoteca di Brera, Milano |