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Grace Jones si trasforma in “tela”, Keith Haring dipinge il suo mondo, Robert Mapplethorpe cristallizza l’evento con uno scatto che fa parte della storia della fotografia, della pittura e del costume.
1984,
la diva, l’artista e il fotografo, l’immagine di un periodo (gli anni 80) che
con i suoi eccessi ha trasformato il nostro modo di vivere, l’inizio della
decadenza che ha condotto il mondo verso l’evoluzione tecnologica.
Ma
allora com'è possibile che un trio geniale possa diventare l’espressione di
un’ascesa del vuoto?
Forse
perché sono gli ultimi grandi artisti prima della rivoluzione contemporanea?
Oppure si tratta di una decadenza culturale, mediatica, sociale, dove anche gli
artisti faticano a fuggire?
Gli
anno ottanta non sono certamente ricordati per il grande sviluppo culturale,
sono anni in cui la maschera prende il sopravvento, dove l’essere è sostituito
dall’apparire, tutto incentrato sulla sete inestinguibile di denaro,
nascondendo il tutto dietro ad una vuota “evoluzione tecnologica”.
Quest’immagine
dunque potrebbe rappresentare uno spartiacque che chiude un periodo di ricerca,
di sperimentazione, di studio e di voglia di futuro, aprendone uno che ne è
l’esatto opposto.
I
nostalgici di un passato dove si guardava oltre il proprio naso, dove si “pensava”
a lungo termine vedono lo scatto di Mapplethorpe come un’icona o una porta che
si è definitivamente chiusa, i “follower” del nostro tempo inquadrano l’opera
come l’inizio di una rivoluzione.
Con
una sguardo più ampio è difficile collocare questa fotografia senza
approfondirne le sfumature, tre grandi artisti di quarant’anni fa
ricostruiscono la simbologia del tempo, un passato che, in quanto tale, non c’è
più, un presente che si trascina ormai da tempo immemorabile sempre uguale a sé
stesso e un futuro che perde ogni visione, nella speranza che qualcuno si (ci)
svegli cosi che si possa ricominciare a camminare(in avanti).