Questo dipinto di impegnative dimensioni possiamo considerarlo una delle opere più importanti del pittore russo.
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Vasilij Kandinskij – Composizione VI, 1913 Olio su tela cm 195 x 300 Museo dell’Ermitage, San Pietroburgo
La
lunga gestazione è la conferma di una sofferta introspezione e al contempo una
visione del mondo che sta per prendere la strada della disgregazione, per
Kandinskij le opere di quel periodo, e in particolare questa, evocano un mondo
sull’orlo della distruzione, non abbiamo dovuto attendere molto per renderci
conto dell’esattezza delle sensazioni.
Sei
mesi sono serviti al pittore russo per completare la metamorfosi del dipinto,
partendo da schizzi e bozzetti preparatori, dove è presente una visione realistica,
si prosegue arrivando al risultato finale dove l’annullamento delle forme
riconoscibili da vita alla rappresentazione delle sensazioni più intime.
“Il
suono interiore dell’anima”, cosi Kandinskij riassume quest’opera, una melodia
che emerge dal profondo, un sentire intimo, l’essenza di sé.
Le zone
di ombra e di luce che si incrociano, le diagonali marcate, danno la sensazione
di continuo movimento, la prospettiva è assente lasciando cosi libertà assoluta
alle forme indistinte e ai colori che, sovrapposti, ci danno la sensazione di
vivere un’esperienza di totale avvolgimento, un vortice di pura energia.
L’assenza
di un unico punto focale obbliga l’osservatore, perlomeno quello attento e
curioso, a spaziare incessantemente sulla tela, passando ripetutamente da un
angolo all’altro del quadro, come se un invisibile tracciato ci conducesse verso
una, non del tutto definita, meta.
Ma
tutto questo non può non fare i conti con le parole di Kandinskij, le “parti”
del dipinto dove a prevalere sono i marroni rappresentano la disperazione data
dalle sensazioni di quegli anni, disperazione attenuata dalle parti più in rosa
dove la speranza non era del tutto svanita.
1913,
siamo vicini ad un tristemente ed epocale cambiamento, qualcuno evidentemente
lo aveva capito.