Il patrimonio linguistico italiano conta circa 270.000 unità lessicali, se aggiungiamo le flessioni (declinazioni, coniugazioni) arriviamo a più di 2 milioni di vocaboli.
Oggi in un linguaggio evoluto si possono utilizzare più di 7.000 parole(come base minima, possono superare tranquillamente le 10.000 quando un linguaggio si evolve) il lessico comune non va però oltre i 2.000 vocaboli che si riducono ulteriormente nel linguaggio dei due terzi della popolazione (analfabetismo funzionale) che impedisce di comprendere un testo scritto di media difficoltà e che si evidenzia nella scrittura (i social ne sono invasi) con la sistematica ripetizione, escludendo qualsiasi forma “apertura” lessicale.
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Emilio Isgrò - Libro Cancellato, 1964, Museo del ‘900 Milano |
Secondo gli studi delle maggiori università italiane e straniere il nostro paese è nettamente in testa a questa tutt’altro che onorevole classifica, si legge pochissimo e male, manca la capacità di confrontare il nostro pensiero con quello altrui, siamo un popolo convinto di avere sempre le risposte su argomenti di cui non conosciamo assolutamente nulla … e i risultati sono sotto gli occhi di tutti.
Questi limiti basilari si riflettono sulla percezione che abbiamo di ciò che ci circonda, la mancanza di un’apertura mentale sufficiente per “vedere” oltre il visibile limita inevitabilmente ogni ragionamento critico, impedisce di leggere tra le righe portandoci a rifiutare tutto quello che non comprendiamo.
L’arte non ne è esente anzi, ogni parvenza di novità è rifiutata perché non rispetta i nostri canoni (risalenti addirittura al XIX secolo) e più ci immergiamo nei pantani di una sicurezza ideologica antiquata più rigettiamo ogni possibile apertura verso il futuro.