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Channel: Arteggiando s'impara.
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Il "maestro" del paesaggio, Jean Baptiste Camille Corot.

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Autore: Jean Baptiste Camille Corot


Titolo dell’opera: Ville D’Avray – 1867-70


Tecnica: Olio su tela


Dimensioni: 49 cm x 65 cm


Ubicazione attuale: National Gallery of Art, Washington.









Il pallido cielo argentato si riflette nel lago mentre un tiepido sole illumina le case sulla sponda lontana.


Un paesaggio di estrema delicatezza dove i toni pastello rivelano morbidamente gli alberi e le foglie che, come piume, volano leggere creando un’atmosfera sognante.


Mentre sullo sfondo alcune persone paiono passeggiare in riva al piccolo lago, due figure in primo piano diventano le protagoniste del dipinto, una donna cammina trasportando una gerla piena d’erba mentre sulla destra un uomo siede sulla riva, forse impegnato a pescare.



Particolare del dipinto
I gesti comuni e quotidiani delle due figure non hanno però particolare importanza nella visione totale dell’opera, è la pace, la tranquillità, che emana il dipinto a farla da padrone.


Il padre dell’artista acquista una casa a Ville D’Avray, vicino a Parigi, e nell’arco della carriera Corot dipinge spesso questo paesaggio.


E’ considerato, a ragione, uno dei più grandi paesaggisti del suo tempo, le sue opere coprono praticamente tutto l’arco temporale del diciannovesimo secolo, durante il quale ha ispirato generazioni di pittori.


Le basi accademiche, di stampo tradizionale, e il modo chiaro e leggero di interpretare ciò che vede, fanno di Corot l’ultimo dei paesaggisti classici e il primo degli impressionisti.


Nei suoi ultimi lavori si trovano analogie che si ripropongono in Alfred Sisley e in Claude Monet.


Nella sua lunga e intensa carriera Corot dipinge circa 3000 tele, ancora oggi, a quasi 150 anni dalla scomparsa, quando si parla di paesaggioè difficile che non venga alla mente il nome di Corot.
 
 

 

San Francesco, la luce e gli uccelli, Stanley Spencer.

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Autore: Stanley Spencer


Titolo dell’opera: San Francesco predica agli uccelli– 1935


Tecnica: Olio su tela


Dimensioni: 71 cm x 61 cm


Ubicazione attuale: Tate Gallery, Londra.







L’immagine innaturalmente grande e fortemente naïf di san Francesco domina il quadro, la grande figura del santo volge la schiena sia all’osservatore che agli altri protagonisti del dipinto.


Francesco spalanca le braccia e, con lo sguardo, si rivolge al cielo con un gesto frenetico ma di grande devozione, le anatre e le galline osservano adoranti la massiccia figura dell’uomo, mentre una donna seduta in terra si ripara gli occhi dalla forte luce solare.


L’immagine volutamente allegorica ci mostra come solo la santità di Francesco e la naturale essenza degli animali, data anche dagli uccelli appollaiati sul tetto, non ha nessun problema a volgere lo sguardo verso una luce “superiore”, mentre le piccole miserie umane ( rappresentate dalla donna che tiene in mano un mazzo di fiori simbolo di vanità) faticano a sostenere lo sguardo verso la purezza della luce.


Solo il bambino davanti a Francesco sembra mantenere la calma, l’animo non ancora corrotto dei bambini, riparato dall’ombra protettrice del santo, fa si che il giovane prosegua la sua “quotidianità” senza evidenti scosse emotive.


Il quadro, pieno di fantasia e di vita, viene respinto dalla Royal Academy, il suo provocatorio umorismo probabilmente offendeva i canoni del buon senso dell’epoca.

Spencer ha spesso dipinto opere di carattere religioso, non come icone distanti e irraggiungibili, ma come vere esperienze di vita quotidiana, vissute in prima persona; così san Francesco non indossa il consueto saio bruno ma una corta tunica di colore verde, infatti a fare da modello al pittore di Cooklam, è il padre in vestaglia e pantofole, altro inconsueto particolare che si stacca dall’ideale del santo d’Assisi che calza solitamente dei sandali.


The big bang theory, Alexander Yakovlev.

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Il fotografo russo Alexander Yakovlev, realizza questa serie di “scatti” intitolati Big Bang Theory, in cui la danza (dal balletto alla break dance) è assoluta protagonista.




L’eleganza delle pose e l’armonia dei corpi impegnati nel gesto artistico, vengono immortalati con decisione e nello stesso tempo con il distacco di chi non vuole essere troppo invadente.


Gli effetti creati con della semplice farina danno al movimento un evidente espressione di ciò che può raggiungere l’essenza naturale del corpo umano, che diventa tutt’uno con ciò che ci circonda, la fusione tra lo spirito e la materia.


Ma sono le immagini stesse, più delle parole, ad esprimere sensazioni ed emozioni infinite.
















La magia della vita. In uno specchio in un enigma - Jostein Gaarder.

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“Del resto potresti tranquillamente dire che è il mondo a venire al bambino. Nascere è come ricevere un mondo intero in regalo, col sole di giorno, la luna di notte e le stelle nel cielo blu. Un mare che bagna le spiagge, foreste tanto fitte da non conoscere i propri segreti, animali meravigliosi che attraversano il paesaggio. Perché il mondo non invecchia e non sbiadisce, mai. Siete voi a diventare vecchi e grigi. Finché vengono messi al mondo bambini, il mondo è nuovo fiammante, esattamente come il settimo giorno quando il signore si riposò.”
(da: In uno specchio in un enigma - Jostein Gaarder)

 
Noto al grande pubblico per Il mondo di Sofia, dove ci accompagna nella "storia" della filosofia ,Jostein Gaarder ci propone un emozionante romanzo, che mantenendo un approccio filosofico, illumina la mente e riscalda il cuore.

Cecile Skotbu vive con la famiglia in un villaggio della campagna norvegese, è un Natale particolarmente difficile: la ragazzina è costretta a letto da una grava malattia e trascorre tutto il tempo nella propria cameretta, circondata dalla preziosa collezione di pietre, una pila di fascicoli di Scienza Illustratae soprattutto il diario cinese dove annota con cura avvenimenti e pensieri.

Non mancano gli affetti famigliari, le premure della mamma e del papà, l’allegra presenza di Lasse, il fratellino che non manca di riferire ogni movimento degli abitanti della casa, preziosa infine la figura della nonna che le racconta la saga di Odino.



Una notte tutto cambia per Cecile, che fluttua continuamente tra il sonno e la veglia, davanti alla finestra appare un curioso personaggio, totalmente privo di capelli e di peli, in grado di passare attraverso i muri e di volare.


Dice di chiamarsi Ariel e di essere … un angelo.



Lo scetticismo iniziale viene lentamente superato e i due stringono un patto: la ragazzina svelerà all’angelo, a cui è preclusa la possibilità di sperimentare esperienze sensibili, i misteri terreni – cosa si prova ad assaggiare il cibo, cosa significa ascoltare la musica o “sentire” il freddo tenendo in mano una palla di neve – mentre Ariel svelerà a Cecile i misteri celesti: la vera essenza degli angeli, il rapporto degli stessi con Dio e cosa siano la coscienza e soprattutto l’anima.


E’ la storia di un’incontro straordinario, che Gaarder ci propone con grande semplicità ma con innocente profondità, ci fa vedere il mondo con occhi “infantili” propri di chi mantiene valori assoluti che l’età adulta tende a nascondere. Un intenso e commovente dialogo che ci spinge a meditare sull’importanza della cosa più scontata ma nel contempo più magica e misteriosa, la vita.

Incubo, Johann Heinrich Füssli.

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Autore: Johann Heinrich Füssli


Titolo dell’opera: Incubo – 1790-91


Tecnica: Olio su tela


Dimensioni: 75,5 cm x 64 cm


Ubicazione attuale: Goethe-Museum  Francoforte.






Grandi poeti inglesi, come Shakespeare e Milton, hanno ispirato Füssli, il tema del sogno e dell’incubo ricorre costantemente nelle opere del pittore svizzero: con lui, per la prima volta, vengono analizzate, indagate e studiate le ragioni del subconscio.


Divengono cosi presenze concretamente spaventose, gli spiriti e i fantasmi della notte.


In questo famosissimo dipinto il sonno della fanciulla viene turbato dalla presenza di due inquietanti apparizioni: un’impressionante muso di cavallo con gli occhi completamente bianchi e spalancati e un mostriciattolo, a metà fra un demone e una scimmia.


Tipicamente illuminista è il rigoroso controllo intellettuale che il pittore esercita sulle sue opere: il lato inquietante del quadro è infatti equilibrato dalla posa studiata e teatrale della donna, ispirata alle sculture romane osservate dall’artista durante un suo viaggio in Italia.


Varie le interpretazioni dell’opera tra cui è interessante quella in chiave psicoanalitica, secondo cui le “presenze” fuoriuscite dall’incubo rappresenterebbero la forza dell’artista stesso che reagisce ad un amore non corrisposto.


Il dipinto viene analizzato e teorizzato nel periodo tra la fine dell’ottocento e l’inizio del novecento soprattutto con  gli studi di Freud sull’interpretazione dei sogni.

 

L'impero delle luci, Renè Magritte.

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Autore:   Renè Magritte


Titolo dell’opera: L’impero delle luci – 1953-54


Tecnica: Olio su tela


Dimensioni: 195,4 cm x 131,2 cm


Ubicazione attuale:  Peggy Guggenheim Collection, Venezia.








«Nell'"Impero delle luci" ho rappresentato due idee diverse, vale a dire un cielo notturno e un cielo come lo vediamo di giorno. Il paesaggio fa pensare alla notte e il cielo al giorno. Trovo che questa contemporaneità di giorno e notte abbia la forza di sorprendere e di incantare. Chiamo questa forza poesia».


(Renè Magritte)



Difficile aggiungere altro alle parole del pittore francese, se non l’incredibile effetto che l’insieme della notte e del giorno creano agli occhi dell’osservatore.


In primo piano un laghetto antistante una casa illuminata dalla tenue luce di un lampione, due finestre con le persiane aperte mostrano l’interno illuminato mentre fuori il buio avvolge parzialmente il maestoso albero posto davanti alla casa e il boschetto dietro l’abitazione.


Spicca il contrasto tra questo scorcio notturno è il cielo azzurro cosparso di leggere nuvole bianche, è evidente che il paesaggio sullo sfondo è diurno anche se il confine non appare definito soprattutto al primo sguardo.


L’artista fonde le due sensazioni: più positiva quasi radiosa quella dovuta alla luminosità del sole che si contrappone al sentimento di turbamento e angoscia che quasi naturalmente è associato all’oscurità.


Quella descritta qui è una delle quattro versioni della serie “L’impero delle luci”, una è precedente realizzata nel 1950 e conservata nel Museum of ModernArt di New York, l’altra è esposta al Musèe Royaux des Beaux-Arts in Belgio ed è datata 1954, la quarta è realizzata nel 1967 e fa parte di una collezione privata.


Magritte fa suo il metodo conosciuto come ossimoro, cioè l’utilizzo di una figura retorica che mostra nello stesso istante due concetti opposti, la costruzione dell’opera raffigura la tipica composizione dei sogni, dove il sogno stesso rappresenta l’essenza dell’animo umano.

Non arrenderti mai, resisti. R.E.M.- Everybody urst.

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Il brano fa parte  dell’album “ Automatic for the people” pubblicato nel 1992, “Everybody urst” diventa nel corso degli anni, una delle canzoni simbolo del gruppo statunitense dei R.E.M.



Il testo all’apparenza semplice, è un messaggio di speranza, una “trasmissione” di coraggio a chi si sente deluso dalla vita, a chi trova quasi impossibile affrontare il presente, a chi ad un certo punto decide di farla finita.



Il messaggio è chiaro, con l’aiuto delle persone care, i famigliari e gli amici, si può uscire dal tunnel delle difficoltà quotidiane.




Questo inno contro l’arrendevolezza del suicidio o più semplicemente un riconoscimento prezioso alla solidarietà, trova il suo apice, prima con “non sei solo” ma soprattutto con la insistita frase che troviamo durante tutto il brano ma sottolineata nel finale “Hold on” (resiti) un’emozionante crescendo dove le chitarre sono affiancate da un accompagnamento d’archi.








 
 
 

La svolta cubista, Georges Braque.

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Autore: Georges Braque


Titolo dell’opera: Clarinetto e bottiglia di rum su un camino– 1911


Tecnica: Olio su tela


Dimensioni: 81 cm x 60 cm


Ubicazione attuale: Tate Gallery, Londra.






Triangoli e rettangoli, linee e lettere sono impressi sulla tela in modo apparentemente casuale, il primo sguardo ci riporta ad un’opera astratta.


L’immagine pare, prima scomposta e successivamente ricomposta con un criterio diverso dall’originale.


Il dipinto, in verità, è stato attentamente ponderato, e raffigura un caminetto sulla cui mensola sono appoggiati una bottiglia e lo strumento musicale che da il nome al quadro.


Invece di ricreare l’illusione di uno spazio reale sulla tela bidimensionale, Braque utilizza la prospettiva delle luci e delle ombre per mostrarci la profondità della tridimensionalità, rappresentando gli oggetti da tutti i lati.


Le sfumature di bruni e grigi contribuiscono a dare alle forme, in verità completamente piatte, un’immagine cubista: il modo rivoluzionario di reinventare il mondo artistico inventato dallo stesso Braque e da Pablo Picasso nei primi anno del novecento.


Sono proprio loro a modificare radicalmente la percezione dell’arte che si aveva da più di cinquecento anni. Con il cubismo la pittura va oltre la rappresentazione reale del mondo.

 

Le provocazioni shock che ci riportano alla realtà, Oliviero Toscani.

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Penso che tutti conoscano Oliviero Toscani, il fotografo milanese noto al grande pubblico per le controverse e spesso scioccanti campagne pubblicitarie per Benetton.

Molte e certamente non banali le immagini proposte da Toscani per “scuotere” l’opinione pubblica, muovere le coscienze su problemi sociali come il razzismo, l’anoressia e l’omofobia.


Ha portato avanti la battaglia per la consapevolezza femminile del proprio corpo, denunciando l’eccessiva leggerezza nell’utilizzo della chirurgia estetica che “riduce la donna ad un manichino senz’anima, senza una propria identità”.



Di grande impatto visivo l’immagine di tre cuori praticamente uguali appartenuti a persone di diversa razza e colore, a dimostrarci che in fondo siamo tutti uguali.


Durante la settimana della moda a Milano, nel 2007, compaiono per le strade di tutto il paese, grandi manifesti che riproducono la modella francese Isabel Caro, la giovane donna – allora venticinquenne- posa senza veli per mostrare al mondo gli effetti dell’anoressia, Isabel pesa 31 kilogrammi e ci tiene a far sapere alle giovani di tutto il mondo a cosa può portare questa terribile malattia, che la conduce alla morte tre anni dopo.

Toscani sottolinea “ho voluto mostrare il dramma di una ragazza come tante altre, nella settimana della moda, questa fotografia ha scioccato tutti, ma quando questi esili corpi sfilano in passerella “coperti” da abiti d’alta moda allora la questione è considerata normale, anzi, queste forme sono ricercate e prese ad esempio”.

 
 

Solo altre due righe per l’immagine che vede due coppie omosessuali e il desiderio di un figlio, l’immagine è stata usata da un partito politico (Fratelli d’Italia) senza il consenso dell’autore, per uno spot contro l’adozione di bambini da parte di coppie gay, quella che era nata come una manifestazione pro adozione è stata ribaltata, Toscani ha sporto querela, tardive le scuse dei vertici del partito che fa marcia in dietro.


Molte le denunce subite da Toscani (accusato di oscenità per la foto a favore di una più profonda conoscenza dell’AIDS) ma nonostante tutto è sempre andato per la sua strada uscendo dai vari processi – mediatici e non – a testa alta.
Non voglio dare un giudizio morale, e soprattutto non intendo giudicare le intenzioni di Toscani, resta il grande impatto mediatico che risveglia, anche se solo per un momento, le coscienze facendo luce su problematiche che normalmente vengono taciute.

L'arte di concetto rimette in discussione il concetto di arte. Marcel Duchamp.

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Autore:   Marcel Duchamp


Titolo dell’opera: Fontana – 1917-64


Tecnica: Porcellana


Dimensioni: 33,5 cm


Ubicazione attuale:  Indiana University Art Museum, Bloomington.







Questa è una replica dell’orinatoio in porcellana che l’artista ha acquistato nel 1917.


Duchamp decide di acquistarlo da un idraulico con l’unico intento di esporlo ad una mostra e decide di firmare l’opera con lo pseudonimo di R. Mutt.


L’idea è quella di rimuovere un oggetto dal proprio contesto per inserirlo in uno nuovo, facendo in modo che la nuova collocazione sia perlomeno inconsueta.


Nel 1917 Duchamp difende la sua originale “creazione” contrattaccando i critici, la sua è una presa di posizione contro la concezione tradizionale dell’arte.


Afferma che non è importante che l’opera sia realizzata dal signor Mutt con le propriemani, ma ritiene che l’importanza sta nel fatto che lui l’ha scelta e collocata in un ambito differente da quello per cui è nata.
Di conseguenza, l'importante non è l'atto creativo in se, quanto l'idea e la scelta.
Vieni spontaneo chiedersi: l'arte ha confini ben definiti oltre i quali un'opera non può definirsi tale o l'universo artistico è pressoché illimitato al punto che qualsiasi lavoro può ergersi ad opera d'arte?
Naturalmente io non posso dare una risposta, ma se qualcuno vuole lasciare una sua opinione sarà piacevole discuterne insieme.
 

L'incontro artistico tra oriente e occidente, Kawai Gyokudo.

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Autore: Kawai  Gyokudo


Titolo dell’opera: Paesaggio montano con nuvole e pioggia (San’u shinsei) – 1929


Tecnica: Inchiostro e colori su seta


Dimensioni: 78,8 cm x 101,8 cm


Ubicazione attuale: Nikaido Museum, Hiji-machi.








Rispetto alla pittura Nihonga(il termine rappresenta la pittura giapponese contemporanea  che predilige le caratteristiche tecniche e di stile tradizionali) Gyokudo avvicina il proprio stile e concetto artistico alla pittura Yōga, letteralmente (洋画) pittura occidentale.


Il fenomeno è inedito in quel periodo (metà 800) ed è frutto dell’impatto che si ha con l’apertura del Giappone alle nazioni europee e nordamericane in particolare.


Qualche “contaminazione” straniera in effetti era già avvenuta tra il 600 e l’inizio dell’ottocento, alcuni artisti hanno sfidato le autorità nipponiche e si sono ispirati all’arte dell’occidente ma si tratta di casi isolati.


A ben guardare non si trovano dei confini ben definiti tra la tecnica e lo stile della pittura dei due diversi “mondi”, a dimostrare che è praticamente impossibile impedire le varie contaminazioni, semmai il contatto, seppur lieve, di diverse tradizioni, impreziosisce ed evolve l’arte nel suo insieme.


In questo dipinto si nota la “mano” della pittura giapponese, sia per i colori e le forme che per l’utilizzo della seta come supporto, come base dove stendere l’opera.


Ma non si può negare che il paesaggio montano possa ricordare le catene montuose europee, cime impervie avvolte dalle nuvole, pendii erbosi e radi alberi abbarbicati alla roccia.


A tutto questo dobbiamo aggiungere la naturale influenza della vicina (anche se poco amata) Cina, che contribuisce ad arricchire la già favolosa arte giapponese.

D’altro canto come non considerare l’impatto della tradizione pittorica del “sol levante” sugli artisti occidentali, dagli impressionisti in poi la pittura moderna fa i conti continuamente, con l’influenza orientale.


Breve descrizione dei movimenti artistici, il Barocco.

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Il Barocco fiorisce a Roma nel diciassettesimo secolo e si diffonde in Europa fino a tutto il secolo successivo.



Ancora incerta l’origine del termine, pare che il derivi dal portoghese barroco, una perla con delle imperfezioni, di forma irregolare, che si è evoluto nel tempo con il significato di "curioso o bizzarro".

Nelle opere barocche sono esuberanti, teatralmente pompose, nei lavori religiosi si vedono santi e madonne con vesti e veli svolazzanti e da quel turbinio spuntano spesso, e numerosi, i cherubini.

Noti e frequenti i temi mitologici, trattati spesso in modo esasperato.



Tra gli artisti più famosi ricordiamo Bernini ( nella foto “Beata Ludovica”), Rembrandt, Reni, Velasquez, solo per citarne qualcuno.



Non tutti gli artisti di quel periodo eccedono in virtuosismi, Caravaggio ad esempio, stupì, e lo fa tuttora, con il suo drammatico realismo.

(Alcune nozioni del testo sono tratte da : The art book)


 

Breve descrizione dei movimenti artistici, Arte cinetica.

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Per arte cinetica di definisce la descrizione artistica del movimento, sia esso reale o virtuale.
Il movimento nasce negli anni venti, ma è nei primi anni cinquanta che diviene popolare, la sua influenza è preponderante e si mantiene viva almeno fino alla fine degli anni sessanta.



Tra i suoi più “presenti” componenti ci sono: Alexander Calder (con i suoi “Mobiles”, nella foto), a rappresentare l’arte cinetica semplice, e Jean Tinguely, con quella complessa.



Il termine viene applicato anche a opere che utilizzano effetti luminosi per trasmettere all’osservatore l’illusione del movimento.

I più grandi successi si ebbero nelle mostre nella ex Jugoslavia, in particolare a Zagabria, e alla mostra presso l'Olivetti a Milano nel 1962. Ma è nel 1965 che si raggiunge l'apice con la mostra "The Responsive Eye" tenutasi al MoMa di New York.

Tra gli altri segnalo, Agam, Buren, e Rafael Soto, e gli italiani Biasi, Colombo e Albani, artisti che hanno contribuito allo sviluppo del movimento.

 
(Alcune nozioni del testo sono tratte da : The art book)

Breve descrizione dei movimenti artistici, l'Arte concettuale o arte povera.

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Questo movimento considera prevalente l’idea che sta all’origine dell’opera piuttosto che l’abilità nel creare la stessa.



Fenomeno diffusissimo negli anni sessanta coinvolge numerosi mezzi espressivi, dai film alle mappe e diagrammi, da video e fotografie a semplici testi.


Il paesaggio può diventare parte integrante dell’opera come nel caso della “Land Art” o arte ecologica come le monumentali opere di Christo (nella foto il “Pont Neuf”).


La filosofia, il movimento femminista o le varie attività politiche sono fonte d'ispirazione per quegli artisti che considerano l’innovazione delle idee fondamentali per l’arte.

L'artista concettuale come creatore di idee piuttosto che di oggetti, mina i tradizionali ruoli dell'artista e dell'opera d'arte.

L'arte povera si sviluppa in Italia negli anni sessanta, e prevede l'utilizzo di materiali poveri, di uso quotidiano, che privati del loro "compito" ritrovano un nuovo ruolo posizionati in un altro contesto. (un esempio sono Joseph Beyus e Mario Merz)
Oltre a Joseph Kosuth, che ha dato il nome al movimento, si ricordano anche, Viola e Buren.



(Alcune nozioni del testo sono tratte da : The art book)

La dignità di chi sa cos'è la vita, Giacomo Ceruti.

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Autore: Giacomo Ceruti  ( Pitocchetto)

Titolo dell’opera: Lavandaia. 1736 c.


Tecnica: Olio su tela


Dimensioni: 78,8 cm x 101,8 cm


Ubicazione attuale: Pinacoteca Tosio – Martinengo, Brescia.







Milanese di nascita ma praticamente bresciano a tutti gli effetti, Ceruti si può definire uno dei più interessanti pittori del settecento.


Impacciato e spesso non a suo agio nelle pale d’altare e nelle rappresentazioni del sacro, si esalta nei ritratti e nelle scene di vita quotidiana, “disegna” con maestria e intensità il popolo, la gente comune.


Nemmeno Caravaggio, che prima di lui aveva raccontato gli “ultimi”, era riuscito a rappresentare la miseria con grande emozione e commozione, Ceruti si dedica ai vagabondi, ai “pitocchi” (da cui prende il soprannome di Pitocchetto con il quale il pittore è noto).


La pittura della realtà è il filone più autentico e profondo nella secolare arte lombarda, e Ceruti ne è uno dei massimi esponenti sia per i meriti stilistici che per il livello morale.


Il settecento viene ricordato come il periodo artistico più frivolo, dove spicca soprattutto la superficialità, dovuta prevalentemente agli artisti di corte che rappresento il vuoto morale della nobiltà. Un merito ulteriore di Ceruti che al contrario si dedica agli altri, le sarte, le lavandaie, i garzoni, gente che fatica ogni giorno per un pezzo di pane.


Questo dipinto ne è un esempio, sullo sfondo un paesaggio dimesso, spoglio, in primo piano una lavandaia che nella sua indigenza non esita a guardare negli occhi l'osservatore, uno sguardo si malinconico, ma con grande dignità, mentre la figura che le cammina accanto appare più rassegnata.


I personaggi di questa storia sono l’emblema di quel tempo, un magistrale monumento, i colori smorti sono lo specchio dell’anima dei protagonisti in un mondo che non ha bisogno di loro ma che, grazie a loro, ha mantenuto nel tempo una base morale che i nobili hanno perduto da tanto tempo.

Dobbiamo ringraziare Ceruti se possediamo un’immagine diversa, più vera e toccante, del diciottesimo secolo.





Breve descrizione dei movimenti artistici, l'Arte informale.

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Indica un nuovo modo di creare immagini senza fare ricorso a forme riconoscibili, fu coniato in Francia nei primi anni del dopoguerra



Abbandonare le forme geometriche e figurative per creare un nuovo linguaggio artistico, questo è in sintesi l’obbiettivo di questa corrente interpretativa.



Ha sviluppato in quegli anni segni e metodi all’insegna dell’improvvisazione.



Con capitale artistica Parigi, l’arte informale trovò terreno fertile anche nel resto d’Europa, in particolare in Italia, Spagna e Germania.



Si tratta di una categoria artistica decisamente variegata e conta tra le proprie file artisti diversi tra loro come Jean Frauturie e Hans Hartung (nella foto una sua opera). Altri artisti come Riopelle, Soulages, Burri e Tàpies, hanno “inciso” il proprio nome nella storia di questo movimento.




(Le nozioni del testo sono tratte da : The art book)

Breve descrizione dei movimenti artistici, Bauhaus.

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Nel 1919 a Weimar l’architetto Walter Gropius ( nella foto: le Officine Fagus, progettate dallo stesso Gropius e da Adolf Meyer e ora patrimonio dell’umanità) fonda l’istituto d’arte e mestieri Bauhaus, fino alla fine degli anni venti diviene il centro del design in Germania.



La filosofia di questo movimento voleva portare l’arte e il design nel vivere quotidiano.



Gropius sosteneva la tesi che artisti e architetti fossero degli autentici artigiani, e che le loro “creazioni” dovessero essere pratiche e alla portata di tutti.



L’istituto ospitava artisti di ogni genere, vi erano presenti oltre ai designer e architetti, pittori, tessitori, ceramisti e scultori, impegnati in attività di gruppo come fu nel Rinascimento, dove gli artisti del tempo lavoravano fianco a fianco con gli artigiani.



A caratterizzare lo stile del Bauhaus era la semplicità e l’accuratezza delle geometrie.



La scuola fu chiusa nel 1933 dai nazisti, accusata di essere un centro di intellettuali comunisti. Nonostante la chiusura impedì il contatto fra le varie categorie artistiche, l’idea stessa del gruppo si propagò nel resto del mondo grazie all’emigrazione di molti dei suoi esponenti.




 (Alcune nozioni del testo sono tratte da : The art book)


Breve descrizione dei movimenti artistici, Camden Town Group.

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Nello studio di Walter Sickert ( nell’immagine un suo dipinto: “Il circo”) a Londra un gruppo di pittori inglesi si incontrano, comprendono di avere gli stessi interessi e ideali artistici e decidono, nel 1919, di fondare il “Camden Town Group”.



I soggetti sono tratti dalla vita quotidiana della classe lavoratrice, venivano realizzati ed interpretati con grande intensità di colori e con l’utilizzo di forme incisive, forte è l’influenza di artisti come Vincent van Gogh e Paul Gauguin.



Un paio di anni dopo il gruppo si fonde con altri movimenti come quello vorticista e prende il nome di “London group”.



Al momento della creazione del gruppo si decide che i membri devono essere 16 e tutti uomini, infatti alla morte di Maxwell Gordon fu convocato Duncant Grandt che accettò dopo che non era riuscito a farne parte per via del numero chiuso.



I membri erano: Bayes, Bevan, Drummond, Gilmar, Ginner, Gore, Grant, Innes, John, Lamb, Lewis, Gordon, Manson, Lucien Pissarro, Ratcliffe, John Doman Turner e lo stesso Sickert (che da una curiosa indagine postuma di Patricia Cornwell risulterebbe il responsabile dei crimini di Jack lo squartatore).



Il divieto alle donne di far parte del movimento non impedisce ad artiste femminili di gravitare attorno ad esso, infatti pittrici come Sands, Hope Hudson e Gosse fanno parte a tutti gli effetti a questa corrente.



(Alcune nozioni del testo sono tratte da : The art book)


 

L'uomo che cammina verso se stesso, Alberto Giacometti.

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Autore:   Alberto Giacometti



Titolo dell’opera:   L’uomo che cammina  – 1960



Tecnica:  scultura in bronzo


Dimensioni: 183 cm


Ubicazione attuale:  Collezione privata.






Nel febbraio del 2010 da Sotheby’s l’opera viene venduta per l’incredibile cifra di 103 milioni di dollari, l’enorme scalpore che suscitò contribuì ad eleggere Giacometti tra i più grandi scultori del secolo.


Ma lo scultore svizzero deve la sua fama al suo stile personalissimo, decisamente figurativo, che lo isola da quella che è la tendenza artistica del dopoguerra, la passione dei collezionisti per le sue opere raggiunge l’apice nel mese di maggio di quest’anno, da Christie’s l’opera “L’homme au doigt” (nell'immagine sotto a destra) viene battuta per la cifra record di 141.285.000 dollari .

“L’uomo che cammina” suscita differenti emozioni a chi lo osserva, un senso di “estraneità” dall'opera è la prima impressione, poi la strana potenza della scultura si fa largo e trasmette una lieve ma costante inquietudine.


La forma allungata in modo innaturale, trasmette un senso di solitudine, a rimarcare la separazione tra gli individui, mette a nudo la debolezza e fragilità dell’essere umano.


Giacometti non “creava” le sue opere (al contrario della maggior parte degli scultori) partendo da un blocco di materiale da sbozzare, non toglieva il superfluo fino ad arrivare all'essenza del lavoro, agiva al contrario, allo scheletro di metallo aggiungeva materiale fino a quando vedeva materializzarsi davanti a se la completezza dell’opera, per poi passare alla fusione che suggellava il tutto.

La rozza rifinitura delle sue opere e la conseguente sensazione si disagio sono le principali caratteristiche che hanno reso immortale la scultura del originale artista elvetico.


Breve descrizione dei movimenti artistici, Cobra.

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Il nome è un acronimo e deriva dalle lettere iniziali delle capitali delle nazioni di provenienza dei membri originari dell’associazione (Copenaghen, Bruxelles e Amsterdam).



Il gruppo nasce nel 1948 e rimane attivo fino al 1951.



I membri fondatori furono i pittori Karel Appel (nell’immagine il suo “People, Birds and Sun”) Costant Niewenhusys e Corneille, con gli scrittori Dotremont e Noiret.



L’intento era di di dare libertà all’espressione dell’inconscio utilizzando spesse e libere pennellate di violenti colori per conferire forza e determinazione alle opere.


Vengono ritratti spesso soggetti derivanti dal folklore popolare e da simboli mistici piuttosto che da forme puramente astratte.


(Alcune nozioni del testo sono tratte da : The art book)



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